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Gli acquedotti romani: opere di ingegneria idrauliaca ed architettonica

 I Romani costruirono numerosi acquedotti per portare acqua ai centri abitati e alle industrie. La stessa città di Roma ebbe la più grande concentrazione di condotte idriche con 11 acquedotti costruiti nell’arco di cinque secoli, con una lunghezza complessiva di circa350 km. Solo47 kmdi questi erano costruiti in superficie, la maggior parte erano sotterranei (l’acquedotto Eifel in Germania ne è un esempio classico). Il più lungo degli acquedotti romano viene considerato quello costruito nel II secolo a.C. per approvvigionare Cartagine attraverso una condotta da141 km.

Gli acquedotti romani erano delle costruzioni molto sofisticate il cui standard qualitativo e tecnologico non ebbe uguali per oltre 1000 anni dopo la caduta dell’Impero Romano. Essi erano costruiti con tolleranze minime: ad esempio la parte di acquedotto a Ponte del Gard in Provenza ha un gradiente di soli34 cmper km (1:3000) scendendo di soli17 mnella sua intera lunghezza di50 km. La propulsione è interamente garantita dalla gravità, trasportando un grande quantitativo d’acqua in modo molto efficiente (il citato Ponte del Gard ne veicolava20.000 m³al giorno).

A volte, quando si incontrano depressioni maggiori di50 mlungo il percorso, vengono utilizzati i sifoni inversi, condotte a gravità utilizzate per superare il dislivello, in uso anche ai giorni nostri, quando gli ingegneri idraulici utilizzano questa metodologia per gli impianti idrici e fognari.

 Molte delle esperienze accumulate dagli antichi romani vennero perse durante il Medioevo e in Europa la costruzione di acquedotti conobbe una interruzione fino al XIX secolo, fatta eccezione per il solo Regno di Sicilia dove, dalla conquista islamica, si ampliò la rete idrica per le coltivazioni e per i giardini privati. Nei primi anni del regno venne realizzato il complesso architettonico della Zisa a Palermo, una sorta di monumentale fontana, che fungeva anche da palazzo di rappresentanza, alimentata da un acquedotto interrato e che con una serie di cascatelle faceva proseguire il medesimo all’esterno, dove giungeva in un ricco giardino. Molte tecniche idrauliche importate dai musulmani rimasero ancora in uso fino agli anni sessanta del XX secolo, la cui terminologia è di derivazione islamica[1], specie per la coltivazione degli agrumi. Un’altra interessante eccezione è costituita dal cosiddetto Ponte delle Torri a Spoleto, un altissimo ponte-acquedotto in muratura (82 m) di cui si è ipotizzata la realizzazione nel XIII secolo. Per il resto dell’Europa l’approvvigionamento di acqua venne garantito principalmente tramite lo scavo di pozzi, ma questo metodo creava gravi problemi di salute pubblica quando le falde acquifere risultavano contaminate.

Ruderi dell’acquedotto benedettino a Catania. L’opera era dotata di sfiatatoi e sifoni inversi per mantenere una pressione costante. Alimentava diverse proprietà (tra gli altri anche i terreni che sarebbero diventati l’attuale Giardino Bellini) e collegavala Timpadi Leucatia al plesso monastico di città.

Il ponte acquedotto Biscari, sulle forre del Simeto.Rare le eccezioni precedenti al XIX secolo, quindi, tra cui l’acquedotto New River, aperto nel1613 inGran Bretagna per rifornire di acqua potabile fresca la città di Londra coprendo una distanza di62 km, e in Sicilia l’acquedotto benedettino che approvvigionava il convento di San Nicola a Catania percorrendo oltre6 kme l’acquedotto Biscari, voluto dal Principe Ignazio Paternò Castello per la realizzazione della risaia più estesa del Regno. Delle due strutture siciliane la prima venne concessa nel1649 atitolo gratuito al senato civico, in sostituzione dell’approvvigionamento cittadino dal fiume Amenano, del lago di Nicito e delle cisterne e pozzi privati, in cambio della manutenzione della stessa. L’acquedotto alimentava almeno una decina di mulini gestiti dai frati benedettini e concessi in enfiteusi, prima di giungere al maestoso convento. La struttura voluta nel XVIII secolo dal Principe Biscari, invece, non superava i due km di estensione e durò soltanto finché non fu in vita lo stesso principe. Per entrambe le strutture, realizzate in conci di pietra lavica, mattoni e ghiara, si fece largo uso di ponti di ispirazione romana e nel caso dell’acquedotto Biscari erano stati realizzati due livelli di archi.

Lo sviluppo di canali fornì un ulteriore spunto alla costruzione di acquedotti. Tuttavia, la costruzione di acquedotti su vasta scala non riprese fino al XIX secolo per la nuova necessità di alimentare città in rapida crescita e industrie assetate d’acqua. Lo sviluppo di nuovi materiali (come il calcestruzzo e la ghisa) e di nuove tecnologie (come il motore a vapore) consentirono significativi miglioramenti. Per esempio, la ghisa permise la costruzione di sifoni invertiti più grandi e resistenti a maggiori pressioni, mentre pompe a vapore ed elettriche permisero un considerevole aumento della quantità e velocità del flusso d’acqua. L’Inghilterra primeggiava nel mondo per la costruzione di acquedotti, con gli esempi notevoli costruiti per trasportare l’acqua a Birmingham, Liverpool e Manchester.

L’acquedotto di Lorenzo Nottolini a LuccaIn Italia, fra 1823 e1851, apiù riprese, venne costruito a Lucca un acquedotto di foggia simile a quelli dell’antica Roma. Il suo architetto, Lorenzo Nottolini, progettò l’opera lunga circa3,25 kmper portare l’acqua del Monte Pisano nella città toscana ponendo alle sue estremità due tempietti che servivano all’approvvigionamento e alla gestione della struttura.

Gli acquedotti in assoluto più grandi sono stati costruiti negli Stati Uniti per approvvigionare le più grandi città. Quello di Catskill porta l’acqua a New York coprendo una distanza di190 km, ma è superato in grandezza da quelli dell’ovest dello stato, il più importante dei quali è l’Acquedotto del Colorado, cioè quello che collega il Colorado all’area urbana di Los Angeles situata400 kmpiù a ovest.

Anche se indubbiamente gli acquedotti sono delle grandi opere di ingegneria, la notevole quantità d’acqua che trasportano possono creare delle grosse problematiche ambientali a causa dell’impoverimento dei corsi d’acqua.

Cosa non perdere a Roma

Le terme e le donne, tra scandolo ed emancipazione

Resta da dire delle donne: cioè della frequentazione femminile delle donne…le donne, quando nelle terme non esisteva una «sezione» a loro riservata, avevano normalmente un turno di frequenza , distinto da quello degli uomini. Di solito, era al mattino, dall’ora quinta all’ora settima, in ogni caso tra le 10 e le 13, cioè prima dell’apertura vera e propria. Le separazione  dei sessi però non doveva essere sempre rigidamente osservata. Già Cicerone, infatti, denunciava casi di promiscuità e auspicava il ritorno alla severità dei vecchi costumi.

Col tempo poi e in assenza di esplicite proibizioni e di limitazioni di alcun genere, nel clima di un sempre più diffuso rilassamento dei costumi, e con la progressiva emancipazione femminile, le separazione finì con l’andare del tutto in disuso. Specialmente nelle grandi terme, le donne presero così a frequentare sempre più numerose i bagni insieme con gli uomini, senza curarsi della propria reputazione. Fino a che gli scandali, che inevitabilmente ne seguirono, non costrinsero le autorità ad intervenire.

Adriano impose la separazione dei sessi con l’apposita legge ma il provvedimento non dovette avere molta fortuna, o almeno non dovette essere rispettato a lungo, visto che appena qualche decennio dopo, Marco Aurelio ne emanò un altro uguale. Severo Alessandro invece dovette intervenire per abrogarne uno «permissivo» del suo predecessore Elagabalo.

In conclusione, la promiscuità non dovette venire mai completamente meno e fu anche per essa che la Chiesa cristiana, nel concilio di Laodicea, dell’anno 320, finì col proibire, comunque, alle donne la frequentazione delle terme.

Le origini delle terme

L’impiego delle acque termali per idroterapia, nel bacino del Mediterraneo, era conosciuto fin dai tempi antichi, come evidenziano i reperti archeologici, le testimonianze letterarie e scientifiche e le numerose epigrafi.

I Greci praticavano i bagni in acque calde e ritenevano che le acque calde e i vapori che sgorgavano dalla terra avessero un significato sovrannaturale. Non è un caso che presso località termali sorgessero importanti templi come quello di Olimpia e il famosissimo Tempio di Apollo a Delfi, ovela Pizia, avvolta dai fumi, prediceva con arcane parole il futuro. Agli occhi delle popolazioni antiche la presenza di divinità giustificava i poteri terapeutici e le proprietà caratteristiche delle acque termali. Lo stesso Ippocrate, incoraggiava il ricorso alle terme e nel trattato “Uso dei liquidi” decantava le virtù delle acque minerali e delle sorgenti calde.

Se, dunque, i Greci furono tra i primi popoli a conoscere ed apprezzare le acque termali, i Romani esaltarono questo strumento di cura e di relax attraverso la realizzazione delle monumentali Thermae pubbliche che si affiancavano al balneum privato. Nella sola città di Roma si arrivò al punto di censire più di 800 stabilimenti termali pubblici e privati, ma l’estensione del ricorso alle terme avvenne su tutti i territori dell’impero dotati di fonti.

I Romani sfruttarono le acque sia per finalità  igieniche che per quelle curative  fino a quando il bagno non diventò un raffinato piacere. Le terme diventarono così un luogo di incontro al pari del foro e accanto agli stabilimenti vennero creati spazi per le passeggiate, parchi e giardini, musei e biblioteche.

Tra le più note strutture oggi ancora visibili nella città di Roma possiamo ricordare le Terme di Diocleziano e quelle di Caracalla. Ci piace immaginare l’arrivo in questi Balnea di personaggi come gli imperatori Plinio il Vecchio, Seneca e Marziale che alle Terme dedicò alcuni dei suoi epigrammi, Catullo, Tito Livio, Tibullo, Vitruvio, Orazio e l’elenco potrebbe proseguire a lungo data la rilevanza e la quotidianità del ricorso ai bagni termali che coinvolgeva persone appartenenti a tutte le classi sociali. Per tale ragione, per consentire il più ampio accesso alle terme, il costo d’ingresso veniva contenuto. D’altra parte anche i medici romani e tra questi Plinio, Celso e Galeno confermavano i salutari effetti del ricorso alle acque provvedendo a vari tentativi di classificazione in relazione alle caratteristiche chimico-fisiche e alle patologie.

La caduta dell’Impero Romano, il decadimento delle strutture, il consolidarsi della religione cristiana che invitava a fuggire dalle occasioni di edonismo e ad evitare luoghi diversi dalle chiese portò al declino delle terme come fenomeno culturale e sociale.

Nel corso del Medioevo la pratica termale venne ristretta al solo uso terapeutico. È questo il periodo in cui l’indagine sui benefici delle cure si mescola con le speculazioni empiriche e popolari che ricollegano ad un’acqua un particolare effetto. Da queste valutazioni empiriche si distinguono, invece, i primi studi idrologici condotti a partire dal XIII secolo da scienziati e medici come Pietro d’Abano, Michele Savonarola, Pietro da Eboli che con il suo De Balneis Puteolanis descrisse le qualità mediche di ben 35 fonti campane e che risulta arricchito da stupende miniature, Gentile da Foligno, Pietro da Tossignano, Tura di Castello, Falloppio, Ugolino da Montecatini autore del Tractatus de Balneis, Andrea Bacci autore del De Thermis, un esame delle analisi e dei bagni noti in Italia nel XVI secolo.

Da centri di cura le località termali si andarono trasformando in centri di villeggiatura e di vita mondana richiamanti la popolazione dell’intero continente e destinate ad assumere una fisionomia propria ed autonoma riconosciute come stazioni e città termali. Ciò con un notevole riflesso anche sull’architettura dei centri che si dotano di ampie ville, hotel, parchi e giardini. Ci avviamo così al termalismo dell’età moderna caratterizzato sotto il profilo degli studi da un’applicazione del metodo sperimentale con un approccio innovativo circa le cure, sotto il profilo dell’erogazione delle cure si assiste, invece, a quello che è stato definito il termalismo d’élite. Le classi economicamente e culturalmente elevate si recavano presso le Terme, rinnovati centri di vita mondana per “passare le acque” e trascorrere giornate di riposo.

I due conflitti mondiali certamente ridussero considerevolmente l’afflusso verso le stazioni termali che ripresero la loro attività nel dopoguerra in quella che è stata definita la stagione del termalismo sociale. La riconosciuta efficacia terapeutica delle acque termali ha, infatti, comportato il loro inserimento nel sistema sanitario nazionale e nei livelli essenziali di assistenza prevedendo, nell’ottica costituzionale della tutela della salute, l’estensione delle terapie, a costi contenuti, all’intera popolazione.

A questo punto abbiamo lasciato alle nostre spalle il passato e ci inoltriamo in quello che è il presente del mondo termale. Una realtà che rinuncia a qualsiasi etichetta e che si conferma come il luogo più idoneo per il raggiungimento delle condizioni di completo benessere della persona dove è possibile procedere alla cura delle malattie sposando la terapia naturale con una altrettanto naturale immersione in oasi di verde e di pace.

Sarà forse per questo che un campione pari all’70% della popolazione ha il desiderio di dedicare una parte del proprio tempo libero alla cura della propria salute in un’azienda termale?

Terme: grandiosità, gusto e funzionalità

Se, per avventura, si dovesse indicare embleticamente in un edificio solo, la testimonianza materiale della civiltà, la scelta non dovrebbe che cadere sulle Terme di Caracalla.

Monumenti, altrettanto romani quali, ad esempio, il Pantheon o il Colosseo sono senza dubbio straordinariamente suggestivi e incontestabilmente importanti, ma è nei ruderi grandiosi di quelle terme che si racchiudono i tratti più tipici e qualificanti di un modo di vivere, o soprattutto di impiegare il tempo libero, senza confronti. Per non parlare poi degli aspetti tecnici, cioè delle conoscenze scientifiche, a cominciare da quelle dell’idraulica e della termologia.

Mentre non c’è documentazione migliore e più clamorosamente e immediatamente evidente dell’ingegno architettonico e della sapienza costruttiva. Nell’edificio termale è possibile infatti riconoscere il tipo più perfetto e rappresentativo della grande architettura romana, il punto d’arrivo in cui confluiscono e si ritrovano tutti gli elementi e le conquiste d’una secolare esperienza nel quale, al tempo stesso, si materializza e si esalta quello spirito così tipicamente romano che in ogni costruzione inclina facilmente al senso della grandiosità e al gusto per il monumentale, senza perdere di vista gli scopi essenzialmente pratici e funzionali.

Non va poi dimenticato il ruolo che le terme svolsero in tutto il mondo romano dove la pratica del bagno riscosse uno straordinario favore. qualificandosi come uno dei tratti più caratteristici della “romanizzazione”, esse risultarono tra popolazioni disparata e d’ogni condizione sociale un potente fattore d’unificazione del costume e della concezione stessa della vita.

Espressione di civiltà e di benessere, segno di prestigio ed ostentazione di ricchezza, le terme furono tra le realizzazioni più impegnative e grandiose di tutta l’antichità, anche per questo esse sopravvivono  ovunque nei loro ruderi facilmente riconoscibili e testimoni eloquenti della presenza di Roma…

Le Terme di Caracalla

un tour attraverso le terme più antiche di Roma

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