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Terme: grandiosità, gusto e funzionalità

Se, per avventura, si dovesse indicare embleticamente in un edificio solo, la testimonianza materiale della civiltà, la scelta non dovrebbe che cadere sulle Terme di Caracalla.

Monumenti, altrettanto romani quali, ad esempio, il Pantheon o il Colosseo sono senza dubbio straordinariamente suggestivi e incontestabilmente importanti, ma è nei ruderi grandiosi di quelle terme che si racchiudono i tratti più tipici e qualificanti di un modo di vivere, o soprattutto di impiegare il tempo libero, senza confronti. Per non parlare poi degli aspetti tecnici, cioè delle conoscenze scientifiche, a cominciare da quelle dell’idraulica e della termologia.

Mentre non c’è documentazione migliore e più clamorosamente e immediatamente evidente dell’ingegno architettonico e della sapienza costruttiva. Nell’edificio termale è possibile infatti riconoscere il tipo più perfetto e rappresentativo della grande architettura romana, il punto d’arrivo in cui confluiscono e si ritrovano tutti gli elementi e le conquiste d’una secolare esperienza nel quale, al tempo stesso, si materializza e si esalta quello spirito così tipicamente romano che in ogni costruzione inclina facilmente al senso della grandiosità e al gusto per il monumentale, senza perdere di vista gli scopi essenzialmente pratici e funzionali.

Non va poi dimenticato il ruolo che le terme svolsero in tutto il mondo romano dove la pratica del bagno riscosse uno straordinario favore. qualificandosi come uno dei tratti più caratteristici della “romanizzazione”, esse risultarono tra popolazioni disparata e d’ogni condizione sociale un potente fattore d’unificazione del costume e della concezione stessa della vita.

Espressione di civiltà e di benessere, segno di prestigio ed ostentazione di ricchezza, le terme furono tra le realizzazioni più impegnative e grandiose di tutta l’antichità, anche per questo esse sopravvivono  ovunque nei loro ruderi facilmente riconoscibili e testimoni eloquenti della presenza di Roma…

Le Terme di Diocleziano

Storia: le terme furono costruite per servire i popolosi quartieri del Quirinale, Viminale e Esquilino, e per la loro realizzazione fu smantellato un intero quartiere, con insulae ed edifici privati regolarmente acquistati e con lo sconvolgimento della viabilità preesistente. L’iscrizione dedicatoria, divisa in otto frammenti ed oggi ricomposta nell’aula di ingresso del Museo delle Terme, recita:

« D(omini) N(ostri) Diocletianus et Maximianus invicti seniores Aug(usti) patres Imp(eratorum) et Caes(arum), et d(omini) n(ostri) Constantius et Maximianus invicti Aug(usti), et Severus et Maximianus nobilissimi Caesares thermas felices Diocletianas, quas Maximianus Aug(ustus) rediens ex Africa sub praesentia maiestatis disposuit ac fieri iussit et Diocletiani Aug(usti) fratris sui nomine consecravit, coemptis aedificiis pro tanti operis magnitudine omni culta perfectas Romanis suis dedicaverunt »  

« I nostri signori Diocleziano e Massimiano invitti, Augusti “seniores”, padri degli Imperatori e dei Cesari, e i nostri signori Costanzo e Massimiano invitti Augusti, e Severo e Massimiano nobilissimi Cesari, dedicarono ai loro Romani le terme felici Diocleziane, che Massimiano Augusto al suo ritorno dall’Africa, in presenza della sua maestà decise e ordinò di costruire e consacrò al nome di Diocleziano, suo fratello, acquistati gli edifici ad un’opera di tanta grandezza, e completate sontuosamente in ogni particolare »  

Da questa si sono desunte le date di edificazione: dopo che Massimiano tornò dall’Africa nell’autunno del 298 e dopo che Diocleziano e Massimiano abdicarono il 1º maggio del 305, ma prima che morisse Costanzo Cloro, il 25 luglio 306. Per far posto alla gigantesca costruzione vennero demoliti molti edifici, alcuni dei quali vennero scavati in piazza della Repubblica mentre si costruiva la fermata della metropolitana. L’edificio era in mattoni, tutti con bolli del periodo dioclezianeo, sebbene all’epoca l’uso dei bolli laterizi fosse declianto: probabilmente venne ripreso proprio per costruire le terme.

Caratteristiche strutturali: Furono le più grandi e sontuose terme costruite a Roma. Poste sul colle Viminale, in un recinto di 380 x365 m, occupavano quasi14 ha, e ancora nel V secolo Olimpiodoro affermava che contavano 2400 vasche. Il blocco centrale misurava 250 x180 me potevano accedere al complesso fino a tremila persone contemporaneamente. Per dare l’idea della loro maestosità, è sufficiente ricordare che il colonnato semicircolare dell’attuale piazza della Repubblica (già piazza Esedra), realizzato alla fine dell’Ottocento da Gaetano Koch, ricalca esattamente l’emiciclo dell’esedra delle Terme.

Erano alimentate da un ramo dell’Acqua Marcia che partiva da Porta Tiburtina e, con un tragitto ad arcate utilizzato fino al 1879 dall’Acqua Felice, conduceva l’acqua in una cisterna lunga più di90 m, detta la botte di Termini; fu distrutta nel 1876 per fare spazio alla stazione Termini, che prese il nome dalle “terme” stesse.

 Il corpo centrale  [modifica]Il modello sul quale venne disegnata la pianta era quello delle terme di Traiano, con le quali ha in comune l’esedra semicircolare e il calidarium rettangolare con tre nicchie semicircolari (quello delle terme di Caracalla è invece circolare). Il complesso era orientato a sud-est affinché l’energia solare riscaldasse il calidarium senza interessare il frigidarium.

Al centro si trovava una grande basilica, dove si incontravano i due assi di simmetria del complesso. Lungo l’asse minore erano allineati i bagni (calidarium, tepidarium e frigidarium), mentre sull’asse maggiore (nord-ovest/sud-est) si trovavano le palestre.

Sul lato nord-est di piazza della Repubblica sono ancora visibili i resti di una delle absidi che si aprivano nel calidarium, accanto all’ex Facoltà di Magistero. Un’altra di queste absidi ospita l’ingresso della basilica di Santa Maria degli Angeli, che è stata ricavata nell’aula centrale delle terme, la “basilica” appunto. La chiesa ingloba anche il tepidarium, subito dopo l’ingresso, composto da una piccola sala circolare con due nicchie quadrate, e due ambienti laterali alla navata centrale; a parte le aggiunte e modifiche di Michelangelo e del Vanvitelli (il pavimento sopraelevato e le nuove colonne in mattoni imitanti il granito), l’aspetto antico dell’interno si è mirabilmente conservato. L’abside sorge dove si trovava la grande piscina rettangolare della natatio. Le tre volte a crociera superstiti del transetto della basilica, sorrette da otto enormi colonne monolitiche in granito, forniscono ancor oggi uno dei pochi esempi dell’originale splendore degli edifici romani.

Un’altra parte del complesso fa oggi parte del Museo delle Terme: qui si trovano gli ambienti del lato nord-orientale tra la basilica e la palestra, che anticamente era un cortile colonnato oggi quasi completamente scomparso. Qui si vede anche una parte superstite della natatio, con gli elementi decorativi delle pareti, come le mensole che sostenevano colonnine pensili, elemento tipico dell’architettura dioclezianea presente anche nel suo palazzo di Spalato. L’angolo dell’edificio conserva una grande sala ovale (probabilmente l’apodyterium, lo spogliatoio) e una rettangolare (l’atrio). Questo gruppo di ambienti doveva avere i corrispettivi simmetrici sull’altro lato, ma oggi sono completamente scomparsi sotto via Celimontana e via Parigi. Dal giardino del museo si può ammirare un tratto della facciata, mentre dall’altro lato del giardino si vedono le due esedre che appartenevano all’angolo nord-orientale del recinto, abbastanza ben conservate, dove forse si tenevano le conferenze e letture pubbliche (auditoria): una mantiene anche l’originario pavimento mosaicato.

 Il recinto  [modifica]Tra via Parigi e via Orlando si vede un buon tratto conservato della parete del lato nord-ovest, mentre le facciate delle case moderne e l’esedra della piazza ridisegnano fedelmente un tratto del recinto.

Agli angoli del recinto su questo lato si sono anche conservate le due aule circolari simmetriche, una trasformata nella chiesa di San Bernardo alle Terme, l’altra visibile dall’esterno all’angolo di via del Viminale con piazza dei Cinquecento. In mezzo sta la grandiosa esedra circolare, usata forse come teatro, e intervallata da aule rettangolari con colonne, forse biblioteche. Nelle terme si trovavano dopotutto, per ordine imperiale, i libri già nella biblioteca Ulpia del Foro di Traiano, a quell’epoca semiabbandonato (come dimostrano anche gli elementi scultorei da esso provenienti riciclati nell’Arco di Costantino pochi anni dopo

Le Terme di Traiano

Storia: Contrariamente a quanto riportano alcune tarde fonti antiche, queste terme non furono iniziate da Domiziano, ma furono opera interamente traianea, come hanno confermato anche i bolli dei laterizi usati[1]. Forse occuparono anche una parte dei vicini giardini di Mecenate. L’architetto, secondo Dione Cassio, fu Apollodoro di Damasco, il geniale costruttore del Foro di Traiano.

Caratteristiche strutturali: Del complesso termale, costruito accanto alle terme di Tito precedenti di circa 30 anni, oggi restano alcuni frammenti sparsi sul colle Oppio. La pianta è nota attraversola Forma Urbis Severiana e i disegni eseguiti nel XVI e XVII secolo. L’intera struttura misurava, alle estremità massime, 330×315 metri, mentre la sola parte centrale arrivava a 190×212 metri. Sorprende che Apollodoro sia riuscito a ricavare un’area edificabile di queste dimensioni nel pieno centro della città. Un “aiuto” venne da un grave incendio che colpìla Domus Aurea, la famosa residenza di Nerone: Apollodoro demolì tutto ciò che rimaneva dei piani superiori, lasciando solamente i locali del piano terreno che usò come basamento per le future terme. Allo stesso tempo ordinò la demolizione e l’interramento di numerosi edifici adiacenti. Così ottenne una vasta area su cui poter realizzare il suo progetto. Una fortunata conseguenza di questa operazione fu la preservazione nei secoli di parte della Domus Aurea e dei palazzi vicini, che gli scavi archeologici hanno riportato alla luce. Le terme cambiarono orientamento al complesso neroniano della Domus Aurea, alla ricerca di una migliore esposizione al sole e ai venti: il calidarium, per esempio, venne disposto in modo che potesse avere la migliore posizione al sole da mezzogiorno al tramonto; in seguito tutti gli edifici termali di Roma copiarono questa disposizione (terme di Caracalla, di Diocleziano e di Decio). La disposizione verso i punti cardinali, propria del precedente complesso della Domus Aurea, riemerge comunque in alcuni punti, come nelle cisterne, le cosiddette “sette sale”. Il corpo centrale è circondato da un recinto con esedre (che lo circonda a “U” su tre lati), come accadrà poi nelle terme di Caracalla e di Diocleziano: fu un’invenzione probabilmente dell’architetto Apollodoro, e nelle fonti antiche è spesso chiamato “portico delle terme di Traiano”.

L’ingresso monumentale si trovava a nord, con una sorta di propileo. Da qui si accedeva alla natatio, la grande piscina comune, che sui lati, simmetricamente, dava accesso a due sale rotonde (una a destra e una a sinistra), che confinavano verso sud con le due palestre. Al centro seguiva invece la grande basilica, confinante con la natatio (verso nord) e con il calidarium (verso sud), che sporgeva dal corpo dell’edificio ed era composto come una grande aula rettangolare con absidi. In connessione si trovavano anche il tepidarium e il frigidarium. Tra i resti attualmente visibili ci sono un’esedra, già ninfeo, e una sala biabsidata orientata comela Domus Aurea, nell’angolo nord-est; sul lato est resta un’altra esedra, simmetrica a quella del recinto ovest, restaurata nella seconda metà del XX secolo, da alcuni indicata come biblioteca, ma con scarsi fondamenti. Appartengono invece all’edificio centrale i resti dell’esedra della palestra orientale e un’aula sul lato sud, oltre alle fondazioni della grande esedra sul recinto meridionale e della grandiosa cisterna detta delle “Sette Sale”, sul lato opposto dell’attuale via delle Terme di Traiano, che assicurava l’approvvigionamento idrico ed era a sua volta alimentata da un ramo dell’acquedotto Traiano. La cisterna è tuttora abbastanza ben conservata. Capace di 8 milioni di litri d’acqua, è composta da 9 ambienti adiacenti lunghi e stretti, con volta a botte, comunicanti tra di loro con passaggi a diverse altezze. Inserita in un’ansa ricavata da un avvallamento del terreno, per contenerne la spinta la parete di fondo della cisterna è curva, in modo che le sale vengono ad avere lunghezze decrescenti dal centro (da39,75 a29,30 metri); sul lato opposto il muro esterno di ogni sala forma una nicchia verso l’esterno, anche in questo caso per contenere la spinta dell’acqua contenuta all’interno. Sul terrazzamento di copertura si trovava una costruzione destinata forse al servizio della cisterna, restaurata nel IV secolo e impreziosita con mosaici.

Nel contesto delle antiche terme, a parte le numerose statue rinvenute in periodo rinascimentale, tra cui, in particolare, il gruppo del Laooconte, attualmente nei Musei Vaticani, sono stati trovati diversi mosaici ed affreschi. Questi ultimi in alcune gallerie sotterranee. Fra i più interessanti, quello denominato “città dipinta”. Gran parte delle opere contenute nelle terme provenivano dalla Domus Aurea.

Le Terme di Tito

Terme di Tito (Thermae Titi o Thermae Titiane):

Storia: furono forse i geniali architetti di Nerone a inventare il cosiddetto tipo di terme “imperiale”, ma delle terme di Nerone nel Campo Marzio restano oggi tracce troppo scarse per farsene un giudizio inoppugnabile.Questa nuova tipologia è ben osservabile invece nelle Terme di Tito, costruite da Tito nell’80, circa all’epoca dell’inaugurazione del Colosseo (e terminate sotto Domiziano), forse inizialmente progettate come riadattamento ad uso pubblico dei grandiosi bagni privati della Domus Aurea neroniana, in coerenza col programma imperiale di restituzione al popolo romano degli spazi urbani di cui Nerone si era appropriato. Le fonti ne menzionano un restauro nel 238, e i resti murari testimoniano anche di un rifacimento di epoca adrianea. Mancando altre notizie non è improbabile che l’intero complesso subì precocemente un processo di abbandono, con il solito riutilizzo dei marmi e dei materiali edilizi per l’edificazione di palazzi e chiese (come le cappelle laterali della chiesa del Gesù o la vasca riutilizzata per la fontana del Cortile del Belvedere, in Vaticano).

Caratteristiche strutturali: Rispetto alle terme di tipo “repubblicano” (come le terme Stabiane di Pompei) le novità consistevano nella fusione del ginnasio con le terme vere e proprie e nella sistemazione degli ambienti lungo un unico asse, piuttosto che come giustapposizione più o meno casuale. Inoltre divenne un’usanza comune la presenza del frigidarium. I resti sono piuttosto scarsi (una fronte a semicolonne in laterizio e vari tratti di murature), ma è possibile farsene un’idea precisa anche grazie alla pianta disegnata da Andrea Palladio nel XVI secolo, quando i resti erano ancora notevoli.

Da essa si evince che l’edificio termale, a pianta quadrangolare simile a quella delle terme di Nerone, era scenograficamente preceduto da una grande terrazza-palestra sulla sommità dell’Oppio, delimitata da un alto muro perimetrale, accessibile tramite una scala a doppia rampa coperta da due prospetti (uno frontale e uno tergale) con piccole volte a crociera. L’ingresso principale si trovava probabilmente sul lato settentrionale.Il complesso si estendeva su un’area di circa 125 x120 metri, oltre metà della quale, sul lato meridionale, era costituita dalla terrazza-palestra. Presentava ambienti specularmente disposti ai lati di un asse centrale, secondo l’attenta simmetria delle terme “imperiali”. Un doppio calidarium era posto a mo’ di avancorpo sull’asse dove sbucava la scalea. I calidari erano dotati di abside sul lato nord e di vasche sui lati. Da qui si accedeva, tramite un corridoio centrale che separava i calidari, a un piccolo tepidario rettangolare, oltre il quale si trovava il frigidario, creato come un grande salone basilicale con abside sul lato lungo (come di consuetudine nelle basiliche romane) e vasche laterali. Ai lato delle strutture termali vere e proprie si disponeva una doppia serie di ambienti simmetrici: due cortili-palestre, due spogliatoi, due sale di intrattenimento (per lettura, recitazione, musica), ecc. Sebbene l’edificio sia di dimensioni modeste rispetto a quanto venne realizzato in seguito (come le enormi terme di Traiano, le terme di Caracalla e le terme di Diocleziano), qui si nota già un processo di strutturazione degli ambienti coerentemente compiuto. L’elemento scenografico invece rimase una particolarità rispetto ai successivi edifici del II e III secolo, accomunando le terme di Tito alle altre architetture dell’epoca flavia (foro della Pace, Domus Augustana o foro Transitorio). Notevole è anche l’uso complesso e organico delle volte a crociera (struttura sviluppata pienamenteb proprio in quell’epoca) che non ha quasi pari in edifici coevi.

Gli acquedotti romani: opere di ingegneria idrauliaca ed architettonica

 I Romani costruirono numerosi acquedotti per portare acqua ai centri abitati e alle industrie. La stessa città di Roma ebbe la più grande concentrazione di condotte idriche con 11 acquedotti costruiti nell’arco di cinque secoli, con una lunghezza complessiva di circa350 km. Solo47 kmdi questi erano costruiti in superficie, la maggior parte erano sotterranei (l’acquedotto Eifel in Germania ne è un esempio classico). Il più lungo degli acquedotti romano viene considerato quello costruito nel II secolo a.C. per approvvigionare Cartagine attraverso una condotta da141 km.

Gli acquedotti romani erano delle costruzioni molto sofisticate il cui standard qualitativo e tecnologico non ebbe uguali per oltre 1000 anni dopo la caduta dell’Impero Romano. Essi erano costruiti con tolleranze minime: ad esempio la parte di acquedotto a Ponte del Gard in Provenza ha un gradiente di soli34 cmper km (1:3000) scendendo di soli17 mnella sua intera lunghezza di50 km. La propulsione è interamente garantita dalla gravità, trasportando un grande quantitativo d’acqua in modo molto efficiente (il citato Ponte del Gard ne veicolava20.000 m³al giorno).

A volte, quando si incontrano depressioni maggiori di50 mlungo il percorso, vengono utilizzati i sifoni inversi, condotte a gravità utilizzate per superare il dislivello, in uso anche ai giorni nostri, quando gli ingegneri idraulici utilizzano questa metodologia per gli impianti idrici e fognari.

 Molte delle esperienze accumulate dagli antichi romani vennero perse durante il Medioevo e in Europa la costruzione di acquedotti conobbe una interruzione fino al XIX secolo, fatta eccezione per il solo Regno di Sicilia dove, dalla conquista islamica, si ampliò la rete idrica per le coltivazioni e per i giardini privati. Nei primi anni del regno venne realizzato il complesso architettonico della Zisa a Palermo, una sorta di monumentale fontana, che fungeva anche da palazzo di rappresentanza, alimentata da un acquedotto interrato e che con una serie di cascatelle faceva proseguire il medesimo all’esterno, dove giungeva in un ricco giardino. Molte tecniche idrauliche importate dai musulmani rimasero ancora in uso fino agli anni sessanta del XX secolo, la cui terminologia è di derivazione islamica[1], specie per la coltivazione degli agrumi. Un’altra interessante eccezione è costituita dal cosiddetto Ponte delle Torri a Spoleto, un altissimo ponte-acquedotto in muratura (82 m) di cui si è ipotizzata la realizzazione nel XIII secolo. Per il resto dell’Europa l’approvvigionamento di acqua venne garantito principalmente tramite lo scavo di pozzi, ma questo metodo creava gravi problemi di salute pubblica quando le falde acquifere risultavano contaminate.

Ruderi dell’acquedotto benedettino a Catania. L’opera era dotata di sfiatatoi e sifoni inversi per mantenere una pressione costante. Alimentava diverse proprietà (tra gli altri anche i terreni che sarebbero diventati l’attuale Giardino Bellini) e collegavala Timpadi Leucatia al plesso monastico di città.

Il ponte acquedotto Biscari, sulle forre del Simeto.Rare le eccezioni precedenti al XIX secolo, quindi, tra cui l’acquedotto New River, aperto nel1613 inGran Bretagna per rifornire di acqua potabile fresca la città di Londra coprendo una distanza di62 km, e in Sicilia l’acquedotto benedettino che approvvigionava il convento di San Nicola a Catania percorrendo oltre6 kme l’acquedotto Biscari, voluto dal Principe Ignazio Paternò Castello per la realizzazione della risaia più estesa del Regno. Delle due strutture siciliane la prima venne concessa nel1649 atitolo gratuito al senato civico, in sostituzione dell’approvvigionamento cittadino dal fiume Amenano, del lago di Nicito e delle cisterne e pozzi privati, in cambio della manutenzione della stessa. L’acquedotto alimentava almeno una decina di mulini gestiti dai frati benedettini e concessi in enfiteusi, prima di giungere al maestoso convento. La struttura voluta nel XVIII secolo dal Principe Biscari, invece, non superava i due km di estensione e durò soltanto finché non fu in vita lo stesso principe. Per entrambe le strutture, realizzate in conci di pietra lavica, mattoni e ghiara, si fece largo uso di ponti di ispirazione romana e nel caso dell’acquedotto Biscari erano stati realizzati due livelli di archi.

Lo sviluppo di canali fornì un ulteriore spunto alla costruzione di acquedotti. Tuttavia, la costruzione di acquedotti su vasta scala non riprese fino al XIX secolo per la nuova necessità di alimentare città in rapida crescita e industrie assetate d’acqua. Lo sviluppo di nuovi materiali (come il calcestruzzo e la ghisa) e di nuove tecnologie (come il motore a vapore) consentirono significativi miglioramenti. Per esempio, la ghisa permise la costruzione di sifoni invertiti più grandi e resistenti a maggiori pressioni, mentre pompe a vapore ed elettriche permisero un considerevole aumento della quantità e velocità del flusso d’acqua. L’Inghilterra primeggiava nel mondo per la costruzione di acquedotti, con gli esempi notevoli costruiti per trasportare l’acqua a Birmingham, Liverpool e Manchester.

L’acquedotto di Lorenzo Nottolini a LuccaIn Italia, fra 1823 e1851, apiù riprese, venne costruito a Lucca un acquedotto di foggia simile a quelli dell’antica Roma. Il suo architetto, Lorenzo Nottolini, progettò l’opera lunga circa3,25 kmper portare l’acqua del Monte Pisano nella città toscana ponendo alle sue estremità due tempietti che servivano all’approvvigionamento e alla gestione della struttura.

Gli acquedotti in assoluto più grandi sono stati costruiti negli Stati Uniti per approvvigionare le più grandi città. Quello di Catskill porta l’acqua a New York coprendo una distanza di190 km, ma è superato in grandezza da quelli dell’ovest dello stato, il più importante dei quali è l’Acquedotto del Colorado, cioè quello che collega il Colorado all’area urbana di Los Angeles situata400 kmpiù a ovest.

Anche se indubbiamente gli acquedotti sono delle grandi opere di ingegneria, la notevole quantità d’acqua che trasportano possono creare delle grosse problematiche ambientali a causa dell’impoverimento dei corsi d’acqua.

Info Musei a Roma

INFO MUSEI A ROMA:

Gli orari dei musei possono essere soggetti a variazioni.
Le biglietterie chiuderanno di norma dai 30 o 60 minuti prima della chiusura al pubblico.
In molti Musei e siti archeologici è prevista l’apertura serale il sabato dal 1 giugno al 30 settembre ed il prolungamento dell’orario d’apertura nei pomeriggi dei giorni festivi. Si consiglia di verificare gli orari di apertura telefonando direttamente al luogo che si intende visitare. Per informazioni più dettagliate consultare il sito internet www.beniculturali.it del Ministero per i beni e le attività culturali.


Agevolazioni per l’ingresso nei musei e luoghi d’arte statali

Ingresso gratuito per i cittadini dell’Unione Europea che abbiano meno di 18 anni e più di 65.
Riduzione del 50% del prezzo del biglietto per i giovani dell’Unione Europea in età compresa tra i 18 e i 25 anni. Tali facilitazioni sono riconosciute anche ai visitatori stranieri dei paesi per i quali esistono condizioni di reciprocità.
Riduzione del 50% per gli insegnanti con incarico a tempo indeterminato nelle scuole statali. Ingresso gratuito per alcune categorie di studenti delle università statali e per gli studenti e docenti delle Accademie delle Belle Arti.
Gratuità per scolaresche che presentano una lettera dell’Istituto con numero dei partecipanti e nomi degli accompagnatori. Ingresso gratuito per guide e interpreti turistici nell’esercizio della loro attività.

Agevolazioni per l’ingresso nei musei e luoghi d’arte comunali
Ingresso gratuito per i cittadini dell’Unione Europea che abbiano meno di 18 anni e più di 65 nonché ai visitatori stranieri dei paesi per i quali esistono condizioni di reciprocità.
Gratuità per scolaresche che presentano una lettera dell’Istituto con numero dei partecipanti e nomi degli accompagnatori. Ingresso gratuito per guide e interpreti turistici nell’esercizio della loro attività.

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